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I saggi qui raccolti comprendono cinquant’anni di attività di György Lukács, dal 1910 al 1960. Lo sviluppo che vi si riflette, però, non riguarda soltanto il pensiero dell’autore – anche se qui abbiamo a che fare prima di tutto con la sua esposizione diretta –, ma anche l’ambiente in cui esso si è prodotto. Nei suoi primi saggi si ponevano, in un certo senso, gli stessi problemi delle opere mature. Si giustifica così che siano qui riuniti insieme. E non è forse un caso che il loro destino sia stato il medesimo, nonostante le grandi crisi e svolte interne: se i primi scritti furono scomodi tanto per la storiografia letteraria ufficiale quanto per la rivista “Nyugat”, reazioni analoghe hanno suscitato le acquisizioni più mature in molti critici: in László Rudas, da una parte, e in Garaudy, dall’altra. In tal senso, a dispetto di tutti i mutamenti e di tutte le svolte, questo sviluppo presenta una linea unitaria, una sua continuità.
György Lukács (1885-1971), filosofo ungherese, è stato tra i più grandi esponenti del marxismo del XX secolo. Storia e coscienza di classe (1923) fu duramente condannato dall’Internazionale comunista – poi sconfessato dallo stesso autore –, aprendo la seconda fase del suo pensiero ispirata al materialismo dialettico e volta a creare un’estetica marxista. Per i tipi Pgreco è apparso: Lenin. Unità e coerenza del suo pensiero (2017).